Le tele del coro costituiscono l’esito inequivocabile di quella devozione popolare, che da secoli, anima la città. I sette dipinti si dispongono lungo la conca absidale, quasi ad accogliere il visitatore. La narrazione verte sui momenti più salienti del martirio dei Santi concittadini (i vescovi Narno, Viatore, Giovanni, i diaconi Proiettizio e Giacomo e Sant’Esteria Vergine, le cui reliquie riposano sotto la mensa dell’altare maggiore, insieme a quelle del nostro Patrono). Il tutto reso attraverso una fusione perfetta in cui le tre note dell’architettura, scultura e pittura si compongono dando vita ad un unico e armonioso spartito artistico.
Le sette grandi tele del Coro.
La pala centrale.
Al centro del percorso è la celebre tela del pittore Nicola Malinconico che narra il “Martirio di Sant’Alessandro“.
L’opera, risalente al 1694, è densa dell’influenza del maestro Luca Giordano e del contesto pittorico napoletano. La sacralità dell’attimo, ottenuta anche grazie alla posizione dei personaggi e alla presenza del Creatore con angeli tra le nubi celesti, offre una perfetta immagine del Santo che è martire ma anche futuro partecipe della gioia piena del paradiso.
La pala è contornata da altre 6 tele che avvalorano con maggior forza la presenza di una Chiesa fondata sulle orme dei Santi Martiri. Quelle che ammiriamo oggi sono in realtà frutto di commissioni posteriori demandate dallo stesso Capitolo a maestri veneti o di ascendenza veneta, dal 1742 al 1745.
Precedentemente, infatti, erano stati collocati due quadri di Paolo Pagani, i quali ebbero scarso successo. Nel 1703 furono sostituiti dalle tele di Pier Paolo Raggi: opere incantevoli che rappresentano “Sant’Alessandro che calpesta gli idoli” e “Santa Grata che raccoglie il capo del Martire”. Esse vennero poi spostate per prendere posto in controfacciata, dove si trovano tuttora.
1. La Consacrazione episcopale di San Narno di Francesco Polazzo
La seconda scena sacra riguarda l’evento della consacrazione ed insediamento del primo Vescovo di Bergamo: San Narno. L’opera di trova alla sinistra del quadro centrale. La fattura è decisamente veneziana, esito della mano di Francesco Polazzo che sviluppa uno scenario incisivo per l’espressività degli animi e nella resa luministica.
2. La predicazione di San Viatore di Francesco Monti
La tela (a destra della pala centrale) raffigura San Viatore, secondo Vescovo di Bergamo e successore di San Narno. Molto probabilmente è proprio lui l’artefice, insieme a Santa Grata, della prima costruzione in onore di Sant’Alessandro.
3. Martirio di San Giovanni Vescovo di Giambattista Tiepolo
Pur essendo il secondo a sinistra e ultimo per datazione (1745), è sicuramente uno dei dipinti più interessati del programma pittorico della chiesa. Autore è Giambattista Tiepolo, esponente indiscusso della pittura veneziana del Settecento. Il luogo di esecuzione dell’opera è appunto Venezia, città in cui Tiepolo trascorre gli anni della sua intensa attività. La scena si svolge in un tempio identificabile, secondo la tradizione, con la Cattedrale di Sant’Alessandro dove il Vescovo Giovanni, intorno al 683 sarebbe stato martirizzato. L’impaginazione neo-veronesiana si coglie nell’intelligente utilizzo dell’allestimento scenico, gremito dal gruppo di spettatori che assiste ad un episodio descritto con accentuazione espressiva e teatrale.
Spicca in prima fila, su un retroscena di costruzioni scenografiche e prospettiche, la figura del santo, che enfatizza con il gesto estremo delle braccia tese l’attimo solenne del sacrificio. In secondo piano, altri personaggi contribuiscono a rendere il momento particolarmente enfatico, quasi barocco. Le pennellate sono sicurissime e ininterrotte, come quelle che modellano la veste di San Giovanni Vescovo, mentre le bordature scure sono alternate da altre più frantumate. L’atmosfera, di conseguenza, risulta più palpabile e vibrante per mezzo dei rapidi tocchi di pennello. Un bozzetto preliminare conservato all’Accademia di Carrara, insieme ad altri gessetti preparatori, mostrano l’evoluzione dell’opera. Un recente studio ha osservato che alcune parti della rappresentazione è attribuibile alla mano del figlio Giandomenico, già all’epoca attivo nella bottega del padre. In particolare sono da notare la figura del giovane alle spalle dei carnefici, contraddistinto da un’espressione sofferente e concitata (leggermente diverso dalla soluzione frontale elaborata nel gessetto) e la donna di profilo alla destra della colonna, i quali proverebbero una partecipazione attiva di Giandomenico. Tuttavia queste ipotesi di attribuzione, fanno leva su un argomento molto delicato, che ancora molti studiosi non hanno chiarito.
4. Martirio di San Proiettizio di Gian Bettino Cignaroli
È il terzo santo le cui reliquie sono conservate all’interno della Cattedrale. Gian Bettino Cignaroli dipinge Proiettizio disteso su una scalinata, sullo sfondo di un’architettura classicheggiante, pronto a ricevere il martirio.
A partire da questa terza tela, il percorso pittorico del coro seguita affrontando il tema del martirio dei santi bergamaschi.
5. Martirio di Sant’Esteria di Giovanni Battista Pittoni
Il ciclo pittorico del coro si conclude con il “Martirio di Sant’Esteria” compatrona di Bergamo. Il Pittoni, anch’egli veneziano, sembra qui ritornare alla sua prima fase pittorica, puntando su una particolare ricchezza dei colori, scioltezza delle forme per dare adito ad uno schema ancora barocco.
6. Martirio di San Giacomo arcidiacono di Silvestro Mainago
Opera del pittore friulano Silvestro Mainago. San Giacomo è raffigurato a terra, già colpito dai giustizieri che lo accerchiano. La resa luministica, la folla dei personaggi e simboli, accentuano ancor di più la drammaticità dell’evento.