L'altare della Vergine della Pietà.

Nel braccio sinistro del transetto è protagonista indiscusso lo splendido altare dedicato alla Vergine della Pietà. La prima committenza risulta al 1701, anno in cui fu collocata una statua lignea raffigurante l’Addolorata dal canonico Sigismondo Tomini.

La realizzazione completa dell’intera struttura richiederà alcuni anni di lavoro. Il progetto è attribuito dai resoconti al canonico Marco Alessandri, il quale elabora l’imponente struttura rivestita da marmi pregiatissimi.

Altare della beata vergine della pieta.
Altare della beata vergine della pieta.

L’architettura concava è caratterizzata da un fondo in marmo nero, da colonne tortili corinzie in Verde Varallo tra le quali spicca, in marmo Portovenere, la nicchia contenente la “Statua della Vergine”, circondata da un prezioso intaglio ligneo dorato. L’autore di quest’ultimo apparato è Giovan Battista Caniana. Mentre la decorazione spetta senza dubbio alla bottega del Fantoni, a partire dal 1709, anno in cui vengono realizzate le sette lastre in marmo di Carrara collocate alla base dell’altare. Esse rappresentano i “Sette dolori di Maria” narrati dai Vangeli: la Fuga in Egitto, la Profezia di Simeone, lo Smarrimento di Gesù fanciullo, la Salita al Calvario, la Crocifissione, la Deposizione dalla Croce, il Seppellimento di Gesù. Sempre del Fantoni, i “due angeli reggicorona al primo ordine in alto. Al contrario non possono attribuirsi allo stesso le due sculture del secondo ordine raffiguranti “Ester” e “Giuditta”, sia per la diversità del marmo, che per lo stile estraneo a quello fantoniano. Più corretto riconoscerle allo scultore Andrea Ferretti il quale realizza anche i “puttini” sopra la nicchia della Madonna. Altresì degno di nota il “Tabernacolo” posto sopra l’altare la cui portella è decorata dalla scena veterotestamentaria di “Sansone che raccoglie miele dalle fauci del leone abbattuto”. La ricchezza della decorazione prosegue anche nel basamento, nel quale è stata inserita una piccola tela di Nicola Bambini (1651-1736) raffigurante “San Lorenzo Giustiniani” a ricordo del primo titolo posseduto dall’altare. A conclusione del complesso la statua di “Cristo morto” in basso. La balaustra che racchiude questa zona del transetto, merita apprezzamento per la finezza del suo disegno e lo straordinario effetto cromatico reso dall’unione dei vari marmi in assoluta sintonia con quelli del pavimento.

L'altare dei Santi Fermo Rustico e Procolo.

La cittadinanza bergamasca è da sempre legata ai Santi Fermo, Rustico e Procolo. Attorno a queste tre figure ruotano, tradizione, devozione, fantasie e credenze. Questi Santi non provengono certamente da Bergamo, ma presumibilmente la loro origine è africana. Secondo un codice del X secolo, essi vissero all’epoca dell’imperatore Massimiano (286-305) a causa del quale subiscono il martirio. In particolare Fermo e Rustico professano pubblicamente la loro fede subendo la flagellazione e il carcere a Verona, dove incontrano Procolo, Vescovo della città che conforta i prigionieri. Alle torture e alla decapitazione segue solo in seguito la sepoltura avvenuta per mano di ad una delegazione di Bergamaschi. Il culto si diffonde presto a Verona e in tutto il territorio della Repubblica Veneziana, tra cui appunto Bergamo. Le loro reliquie, riposte a Verona, sarebbero state trafugate il 4 gennaio 855, insieme a quelle di San Procolo, per opera di mercanti bergamaschi che, tornati in patria, le rifugiano presso Plorzano (fuori le mura di Bergamo). Nel 1575 avviene il loro trasferimento in Cattedrale.

Il desiderio di creare un luogo che ospitasse queste spoglie fu tale da far intervenire il Comune stesso a finanziare l’opera.

Altare dei Santi Fermo Rustico e Procolo.
Altare dei Santi Fermo Rustico e Procolo.

Nel 1699 una tela di Giovan Paolo Cavagna esalta pittoricamente queste figure. Il progetto dell’altare invece spetta al siciliano Filippo Juvarra. Esponente indiscusso dell’architettura Rococò in Italia, Juvarra riesce a dissolvere perfettamente gli elementi architettonici con quelli decorativi e scultorei. Nel 1731 il disegno per l’altare è pronto: esso sviluppa una struttura architettonica ampia e poderosa, accompagnata da colonne laterali che supportano una trabeazione e un timpano interrotto da conca absidale. Tutto ciò completato da sculture di santi, angeli e allegorie ed una ricca decorazione plastica. All’impresa parteciparono anche il Caniana, per le parti in legno, e i Manni Giacomo e Carlo Antonio per i marmi. Al 1736 risalgono le personificazioni della “Fede” e della “Carità” collocate direttamente sullo stereobate e quelle della “Fortezza” e della “Speranza” sulle curve del timpano. Il Fantoni (che ricordiamo operativo nella Cattedra vescovile) realizza nel 1740 i quattro angeli: due sull’apice a reggere la mitra vescovile; due sul timpano a sostenere il cartiglio con l’iscrizione “hic sumus orantes pro vobis”. Un anno dopo sono inseriti gli elementi in rame (corone con palme, mitra) e gli stucchi nel catino; nel 1742 è la volta della balaustra. A contenere le preziose reliquie è l’urna bronzea del Filiberti in argento, associata ad un secondo cofanetto di Benardino Trivelli.

La balaustra.

Tra il presbiterio e l’aula della navata funge da collegamento un doppio parapetto che separa i due ambienti. Esso è completato da una gradinata aperta a ventaglio in direzione del transetto. Il progetto è attribuito dal Fornoni al canonico Marco Alessandri, su commissione del Vescovo Giustiniani nel 1697.