Paramento liturgico XVI secolo.

Il luogo di realizzazione di questo indumento liturgico è certamente l’area nord italiana. I materiali utilizzati sono filati serici e metallici. L’opera è composta da tre capi: un piviale, una stola ed un manipolo. Il piviale è un capo di origini antichissime (X secolo) utilizzato generalmente per funzioni solenni (Vespri e Lodi solenni, o per la Benedizione Eucaristica). Questo piviale, in particolare, appare negli inventari del tesoro della Cattedrale solo dal 1593, ed è confezionato in un tessuto laminato d’oro con effetti di quadrettatura, su una base di armatura rossa. Il suo tessuto è caratterizzato dalla presenza del disegno a “melagrana”, molto in voga tra il 1420 e il 1550. Il motivo a melagrana si unisce nella trama al fiore di loto e alla pigna, facendo risalire l’origine dei tessuti alla seconda metà del XV secolo. Agli inizi del XVI secolo è da attribuire, invece, la composizione della trama, per via della suddivisione a scacchiera degli scomparti ogivali e l’evidente stilizzazione del formulario vegetale, elementi tipici di quegli anni.

La stola, simbolo del giogo del Signore, è invece una striscia di seta preziosa ricamata con diversi ornamenti a seconda di chi la indossa: sacerdote, diacono, vescovo. La stola di questo paramento riporta cinque figure per lato di santi, realizzate a ricamo con parti a riporto acquarellate: (S. Giovanni Vescovo?), S.Andrea, S.Pietro, S.Vincenzo, la Maddalena, un Santo non identificabile, S.Alessandro, S. Paolo, S. Gerolamo, una Santa Martire. Forte è il richiamo ad artisti milanesi del tempo, presenti in gran numero a Bergamo. La resa delle formelle dello stolone, infatti, ricorda lo stile del Foppa nelle sue inquadrature prospettiche per un polittico che si trova oggi a Brera datato al 1476. Anche la posa della Madonna e di S. Giuseppe fanno presagire stilemi di inizio Cinquecento (con un’evidente richiamo al dipinto di Giacomo Borlone nell’Oratorio dei Disciplini a Clusone, databile intorno al 1470). Sia lo stolone che il capino (il cappuccio sul retro del piviale) conservano un ricamo a riporto, con filati serici policromi, filati metallici e parti in tessuto dipinte. Le maglie ogivali disposte secondo un andamento a teorie orizzontali sfalsate, includono un fiore di cardo delimitato ai margini da rami fiorati. Sul capino è ricamata su un fondo quadrettato la scena dell’Adorazione dei Magi.

Paramento liturgico XIX secolo.

Composto da due dalmatiche (vesti del diacono), due pianete (simboli del giogo del Signore), quattro manipoli (simboli delle fatiche del servizio sacerdotale), quattro stole, due veli.

La manifattura è italiana ed i materiali utilizzati sono filati serici e metallici. Damasco Gros de Tour ricamato. Le trame sono in filo d’argento e con ricamo in oro filato e seta ruggine su fondo avorio. Tutta la superficie è ricoperta da motivi floreali stilizzati. Il sontuoso paramento è caratterizzato inoltre da elementi fitomorfi stilizzati e la loro distribuzione secondo andamenti speculari e calibratissimi, fa parte infatti del patrimonio decorativo di inizio secolo di ambito neoclassico. Più tarda appare la scelta tecnico esecutiva del ricamo, fortemente appiattito e poco differenziato nei punti, secondo modalità care al secondo Ottocento. Sempre a quest’ultimo periodo pare appartenere l’iconografia sacra che vi compare: la presenza del simbolo della Trinità, la Madonna Immacolata.